TERAMO – I sindacati scendono in campo per difendere i dipendenti della Ruzzo Reti dopo il j’accuse mosso qualche giorno fa alla società acquedottistica dall’associazione delle piccole imprese Api Teramo sulle inadempienze nella certificazione dei debiti ai privati. “Da tempo assistiamo a questa specie di ‘gioco al massacro’ – si legge in una nota a firma della Rsu aziendale e delle tre organizzazioni Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec – che ha come unico risultato quello di minare ulteriormente la credibilità della società, rendendo ancora più difficile il percorso di risanamento avviato”. I sindacati ribadiscono il ruolo essenziale dell’azienda teramana e dei suoi lavoratori “patrimonio di conoscenze e competenze da tutelare, ed è ingiusto e offensivo parlare di ‘inutile carrozzone’”. Nel mirino appunto l’intervento del presidente dell’Api, Alfonso Marcozzi: “il presidente scopre infatti oggi – scrivono i sindacati – che la Ruzzo sarebbe un ‘carrozzone di intoccabili’ rammaricandosi di non vedere ‘tagli di personale oggi auspicabili’”. “Dal rappresentante di un’associazione – continua la nota – ci aspetteremmo maggiore cautela nelle analisi, e coerenza nei comportamenti. Ci chiediamo infatti quali interventi ha fatto il presidente dell’Api quando i lavori venivano affidati con pochi riferimenti alle compatibilità e alle coperture tariffarie: questo si che ha portato al dissesto dell’azienda”. I rappresentanti sindacali ricordano infine come da tempo abbiano denunciato la mancanza di “un’efficace azione di riequilibrio economico-finanziario nella gestione della società con conseguente deterioramento del servizio, svilimento del lavoro e della prospettiva del personale dipendente”. “Se oggi – chiude la nota – questo percorso è iniziato, noi non ci sottraiamo al confronto ma è inaccettabile che i dipendenti della Ruzzo debbano rischiare di pagare due volte lo scotto di questa insostenibile situazione, sia come lavoratori sia come utenti, e di essere additati all’opinione pubblica come responsabili di una cattiva gestione di cui non hanno alcuna colpa e che anzi hanno subito”.
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